I calciatori, in particolare i difensori, sono più esposti alla demenza e la ragione sarebbero i colpi di testa. È quanto emerge da uno studio pubblicato dall’Università di Glasgow, secondo il quale chi è in difesa, essendo più sollecitato nel gioco aereo, ha più probabilità di sviluppare malattie neurodegenerative.
Il team dell’ateneo scozzese si è basato sull’esame delle cartelle cliniche di circa 8.000 ex calciatori professionisti e 23.000 persone non praticanti il calcio.
Dal rapporto emerge inoltre che i rischi nei portieri non sono superiori a quelli della popolazione media, ma sono quattro volte superiori tra gli altri giocatori e ben cinque volte maggiori tra i difensori. Un altro fattore di rischio, infine, è la durata della carriera: il doppio rispetto a un soggetto medio, in caso di carriera breve, il quintuplo per una carriera lunga.
In questo studio di coorte retrospettivo, il rischio di malattia neurodegenerativa era più alto tra gli ex calciatori professionisti di sesso maschile che tra gli individui di controllo della popolazione generale abbinati per età, sesso e stato socioeconomico dell’area. Inoltre, il rischio di malattie neurodegenerative negli ex calciatori era associato alla posizione in campo e a carriere più lunghe, il che implicava un rischio più elevato con l’esposizione cumulativa a fattori più spesso associati alle posizioni in campo esterno. Sono necessari ulteriori studi per interrogare l’associazione tra calcio e malattie neurodegenerative, compresi i rischi nel calcio amatoriale e giovanile. Nel frattempo, potrebbe essere consigliato l’adozione di un approccio di principio precauzionale per mitigare il rischio di malattie neurodegenerative riducendo l’esposizione al trauma cranico e agli impatti alla testa nel calcio e negli sport più ampi.